L’ARTETERAPIA IERI E OGGI
L’arteterapia è un percorso di appoggio e/o cura di indirizzo psichico. Questo tipo di tecnica con risvolti terapeutici è nata attorno agli anni quaranta, e discende da esperienze di psicoterapia dinamica e da pratiche dedotte dall’applicazione della psicoanalisi.
«L’esperienza estetica affonda dunque le sue radici nel vissuto primario, quando è la madre che dà forma e trasforma – seguendo Bollas – l’esperienza interna ed esterna del neonato, prendendosi cura di lui in modi specifici (lo sfama, lo lava, ecc.). Con la crescita questo potenziale trasformativo viene poi riposto in altri oggetti (oggetti-soggettivati) concreti o concettuali, investiti della capacità di promuovere un profondo cambiamento del Sé; l’esperienza artistica occupa in questo contesto un posto di primo piano.» |
L’arteterapia ieri e oggi
Per la musicoterapia e la teatroterapia vi sono origini che risalgono all’antichità. All’epoca, le suddette arti o le loro espressioni più coinvolgenti trovavano applicazione nella cosiddetta “normalità”. Un esempio fra i tanti è la struttura del teatro greco che con i suoi rituali, ritmi e coro costituiva un “appoggio arteterapeutico” di massa senza esser stato studiato a tavolino per questo scopo, così come certi canti militari strutturati in determinato modo servivano a togliere, o meglio lenire, la paura dei combattenti allorquando si lanciavano contro l’avversario. Fra i metodi utilizzati, quelli seguiti tramite il travisamento dei partecipanti, presso la nazione delle 5 tribù, erano correlati a una “situazione teatralizzata”. Di questi parla diffusamente Sigmund Freud nella prefazione delle prime edizioni del libro Totem e tabù. Il saggio infatti risente dell’influenza dei lavori dell’antropologo James George Frazer, il cui studio è una delle basi su cui si basa la ricerca riportata nel libro stesso. La tecnica citata di tipo “teatrale”, considerata come anticipazione della metodica psicoanalitica, permetteva, anzi, invitava il combattente a convocare un “consiglio degli uomini”, nel caso fosse turbato da ansie anche “incomprensibili”. Tale consiglio ascoltava timori, fantasie e quant’altro il “guerriero” potesse pensare fossero per lui causa di turbamento e di stati angosciosi che avrebbero, oltretutto, messo a rischio, a causa della sua scarsa o nulla efficienza in determinate circostanze, la vita sociale. Tutti i membri del Consiglio erano tenuti al silenzio, in caso contrario sarebbero incorsi in un perpetuo ostracismo cioè all’allontanamento dalla comunità di colui che avesse infranto tale norma. Si tramanda che il guerriero dopo avere aperto il proprio animo al consesso, ne provasse gran giovamento.
Nei manicomi arabi sembra fossero applicate sedute di musicoterapia, mentre nel XIX secolo il dottor Philippe Pinel (1745–1826) e discepoli introdussero tale tecnica negli Istituti di cura europei per malattie psichiche. Ma è solo dal 1950 che l’arteterapia incominciò ad avere un suo peso nell’appoggio/cura di stati psichici disturbati divenendo terapia individuale per poi espandersi, laddove possibile, al gruppo, e orientandosi con maggior vigore verso metodi di espressione non verbale. Negli anni sessanta, sempre nell’ambito dell’arteterapia, si sviluppa un’altra modalità di lavoro chiamata fototerapia che utilizza le foto come strumento riabilitativo.
È utile ricordare che fino a oggi l’arteterapia, in Italia, è stata utilizzata come tecnica riabilitativa e/o di sostegno con il fine di ridurre gli handicap psicofisici di miglioramento delle capacità relazionali e di inserimento di gruppo per personalità affette da patologia che va al di là della nevrosi: è stata applicata da professionisti esperti nei più diversi campi, che vanno dalla musica alla letteratura, non arrivando mai alla psicoterapia in senso stretto, per mancanza di istituzioni che selezionassero e formassero un arteterapeuta professionalmente, con specifiche e istituzionalizzate nozioni di psicoterapia correlate alla loro applicazione col metodo dell’Arte. Attualmente cominciano a sorgere scuole di questo tipo[4].
È necessario sottolineare la mancanza di una figura che sappia riunire in modo coerente una solida formazione psichiatrica-psicoanalitica con spiccate e affermate, anche se relative, si intende, qualità artistiche. In Gran Bretagna tali interventi sono impostati da uno psicoanalista e/o psichiatra, che oltre a possedere rilevanti attitudini artistiche, corredate con bagaglio teorico necessario alla sua cosiddetta “spersonalizzazione artistica”, ha la capacità di elaborare in forma terapeutica quanto può assorbire dalla seduta di arteterapia di gruppo e/o di singolo. In tal modo si viene a riunire in un unico soggetto sia lo psicoanalista sia il “maestro” artista. Va anche detto che la figura dell’arteterapeuta in Inghilterra si configura come specializzazione autonoma dopo gli studi in psichiatria e psicoanalisi. In Italia la situazione è profondamente differente.
Il luogo preposto all’applicazione della metodica arteterapeutica è generalmente un laboratorio avente in dotazione materiali a basso costo e possibilmente di vario tipo e provenienza. In casi particolari però l’applicazione nella scultura richiede un particolare settore del laboratorio con attrezzi e materiale ben specifici e talvolta costosi nonché misure di protezione e sicurezza. Per le espressioni corporee come gli esercizi ginnici e la danza, lo spazio a disposizione deve esser sicuro e adeguato alla libertà di movimenti.
In ambito localistico genovese, l’azione incominciata da Claudio Costa con lo psichiatra Antonio Slavich, ex-collaboratore[5] di Franco Basaglia, coinvolse, con gli anni, un sempre maggior numero di artisti e professionisti, Miriam Cristaldi, critico d’arte, Gianfranco Vendemiati, attuale presidente dell’associazione IMFI, Roberto Manfredi cofondatore del Centro Socioriabilitativo “Franco Basaglia” e l’artista, psichiatra, Margherita Levo Rosenberg, che, a partire dal 1990, conduce per alcuni anni laboratori di arte terapia, coadiuvata da altri artisti che si sono succeduti nel tempo. Tra questi Cea Boggiano, Serena Olivari e Alfonso Gialdini. La terapia col mezzo pittorico ha dunque una lunga storia a Quarto mentre, col mezzo scultoreo, prese avvio solo successivamente. Dopo la morte di Costa, che a Quarto aveva soprattutto portato avanti un’azione di rottura culturale con l’istituzione stessa dell’Ospedale psichiatrico – non aveva infatti competenze specifiche per occuparsi di arteterapia in senso stretto – Margherita Levo Rosenberg, cui competeva già da anni la responsabilità operativa degli atelier di arte terapia, ha assunto anche il ruolo di riferimento culturale nell’ambito dell’IMFI. (da Wikipedia)